lunedì 27 maggio 2013

LEGGE 27 LUGLIO 2011 N. 125 : PUO' CONFIGURARSI UN CASO DI ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE

Il 27 luglio 2011 è stata emanata la legge n. 125 al cui unico articolo si sancisce:" 1. Non hanno diritto alla pensione di reversibilità o indiretta ovvero all'indennità una tantum i familiari superstiti che sono stati condannati, con sentenza passata in giudicato, per i delitti di cui agli articoli 575, 584 e 586 del codice penale in danno dell'iscritto o del pensionato.
2. I soggetti di cui al comma 1 che sono titolari di una pensione di reversibilità o indiretta perdono il diritto al relativo trattamento a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.
E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato."
Credo, sinceramente che questa legge rappresenti il frutto di un'espressione di celerità per tentare di colmare una lacuna più di natura etico morale che giuridica.
Difatti è possibile ipotizzarne per certi versi un'illegittimità costituzionale per violazione degli art 2 e 3 della Costituzione.
Il semplice riferimento schematico agli artt. 575  (omicidio) 584 (omicidio preterintenzionale) e 586 (morte e lesioni conseguenza di altro delitto) del codice penale comporta che non debbano essere prese in considerazioni  la differente natura che il reato assume in connessione con l' elemento psicologico del reato, potendosi configurare un omicidio doloso, colposo o appunto come il richiamato 584 omicidio preterintenzionale; od ancora non vengono considerate le attenuanti, quali  la provocazione o cause di giustificazione come la legittima difesa  che non snaturano l'aberrazione del reato ma sicuramente configurano una valutazione giuridica differente .
La stessa Corte Costituzionale, in regime giuridico precedente alla suddetta legge, riteneva illegittima la disposizione che escludeva dal riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità del superstite  il coniuge a carico del quale fosse stata riconosciuto l'addebito per colpa.
L'addebito per colpa può configurarsi in ipotesi di adulterio, ma anche per maltrattamenti fisici e morali. Mi domando quale e quanto  limite può esserci tra un addebito per maltrattamenti fisici (preludio) ed uxoricidio non volontario, non doloso ma (ripeto pur sempre condannabile ed aberrante) ma circoscritto ad una colpa incosciente .
Il codice penale italiano è ispirato al principio del favor rei ed alla sua riabilitazione sociale, la legge così disponendo non fa che marchiare definitivamente l'individuo che non dolosamente e  non volontariamente ha commesso un reato;  se gli si consente di esercitare i propri diritti civili  con la riabilitazione perchè non consentirgli di usufruire di un diritto che sorge in capo allo stesso iure proprio e non iure successionis.
Credo che la legge meriti una revisione diretta ad una migliore specificazione dei suoi contenuti garantendo ad un coniuge che si è macchiato comunque di un aberrante reato la possibilità di usufruire di un diritto laddove il reato sia connotato da elementi psicologici quali la colpa incosciente o sia mitigata da attenuanti o cause di giustificazione.

venerdì 24 maggio 2013

CORSO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE OPERATORE DI CAF E PATRONATO



L’Associazione di Promozione Sociale Sileno con sede in Bari alla via Quintino Sella 207 bandisce un bando diretto alla selezione di partecipanti ad un corso di formazione professionale finalizzato alla creazione di una figura operativa all’interno di un Caf e Patronato.
Il corso avrà la durata di 48 ore di teoria e pratica e si concluderà con uno stage della durata di altrettante 48 ore da svolgersi presso le sedi dell’Associazione Sileno in Bari e Trani.
Al termine verrà rilasciato un attestato di partecipazione al corso ed allo stage con relativa valutazione .
Le aule di formazione potranno essere realizzate da un minimo di 10 ad un massimo di 20 corsisti.
Il corso è riservato ai residenti nella provincia di Bari e Trani ed i candidati dovranno essere in possesso dei seguenti requisiti:
- età superiore a 18 anni;
- Diploma di Scuola Media Superiore;
- Attitudini e propensione a lavorare nel sociale;
-Conoscenza della lingua inglese.
Il corso avrà inizio in data 03.06.2013 alle ore 9.00.
L’iscrizione al corso è subordinata al pagamento della quota associativa pari ad euro 100,00. 
Per informazioni rivolgersi presso gli Uffici dell’Associazione Sileno in via Quintino Sella 207
0809265150 /080 9752904.

martedì 14 maggio 2013

L'IMPUGNATIVA DEI LICENZIAMENTI ILLEGITTIMI DOPO LA LEGGE FORNERO: PRIMA FASE


La legge 92/2012, cd. Legga Fornero dal nome del Ministro proponente, ha apportato notevoli ed importanti modifiche alle modalità di impugnazione dei licenziamenti illegittimi per i quali trova applicazione l'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori
La principale riforma riguarda l'introduzione del cd processo breve o procedimento speciale applicabile a tutti i giudizi instaurabili successivamente all'entrata in vigore della legge -18 luglio 2012- e riguardante un licenziamento illegittimo, anche se intimato in data precedente alla suddetta.
Ricevuta una comunicazione di licenziamento, il lavoratore può decidere  impugnarlo e, nel qual caso dovrà sempre utilizzare la forma scritta (raccomandata a. r., oppure consegnata a mano, o ancora con l'ausilio del telegramma) entro il termine di decadenza di 60 gg dalla ricevuta comunicazione.
Decorso il suddetto termine il lavoratore perde ogni diritto di contestare ed impugnare il licenziamento.
Differentemente da quanto era previsto in precedenza, il cui termini sempre di 60 gg decorreva dall'avvenuta comunicazione dei motivi sottesi al licenziamento richiesta dal lavoratore.
Ulteriore modifica apportata dalla legge consiste nella possibilità da parte del lavoratore, una volta esaurita la fase stragiudiziale, di intraprendere un giudizio innanzi alla sezione lavoro del  Tribunale competente territorialmente entro e non oltre 180 giorni e non più 270 giorni che decorreranno, a loro volta, dalla data di impugnazione, cioè in parole povere dalla data in cui è stata inviata la raccomandata a.r., o consegnata  a mano o inviato il telegramma. 
Trattasi di un termine previsto a pena di prescrizione.
Per prescrizione si intende l’estinzione del diritto per mancato esercizio dello stesso entrò il termine previsto dalla legge (art.2934 cc).

Depositato il ricorso, Giudice di lavoro fisserà l’udienza di comparizione delle parti nei 40 giorni successivi.
Il ricorso con il pedissequo decreto va notificato al datore di lavoro almeno 25 gg prima dell’udienza e quest’ultimo deve costituirsi almeno 5 giorni prima della stessa.
Alla prima udienza di comparizione delle parti, il Giudice sente le parti e,  procede all'attività istruttoria con l'assunzione delle prove  che ritiene indispensabili cosi’ come richiesti dalle parti o disposti d’ufficio.
Questo giudizio, che nella teoria viene ritenuto breve, si conclude, quindi, con un’ordinanza di accoglimento o rigetto della domanda immediatamente esecutiva, che non può essere sospesa o revocata, se non con la sentenza emessa all’esito della seconda fase.





martedì 7 maggio 2013

MOBBING: TRA PASSATO E PRESENTE


Quindici anni fa affrontai per la prima volta una questione che presentava i contorni del cd “mobbing”. Sul tema iniziavano i primi incontri, le prime sentenze, una fra tutte quella emessa dal Tribunale di Torino che  iniziò a delinearne i contorni.
Ricordo che, in tutti i convegni a cui partecipavo, i vari relatori sia essi giuristi che psicologi si dilettavano tutti nel loro incipit, e dico tutti, sul significato etimologico ed etologico della parola mobbing: “deriva dall’inglese “to mob” che significa accerchiare e si trae dal mondo animale”
Sull’onda dell’esigenza alcune persone che avevano vissuto e vivevano questa realtà lavorativa vollero creare, a Bari,  un’associazione: “Asmob”-  Associazione Regionale contro il mobbing; la prima in Puglia di cui con orgoglio ne ero Presidente.
Ogni settimana, la sede era in Viale Japigia, in quel piccolo monolocale  si alternava tanta gente, tutti con problematiche lavorative, alcune volte piccole altre volte molto gravi.
Ricordo che, personalmente mi occupavo anche dell’ascolto e, che la sola considerazione che ci fosse qualcuno a cui riportare quelle esperienze lavorative negative rappresentava per quelle persone, parti passive della storia, un momento di conforto.
Tante lacrime.
Ricordo un uomo, non potrò mai scordarlo perché rappresenta per me una sconfitta, era stato troppo leso dalla gente, dai miei colleghi, dal sindacato e non si fidava più di nessuno, piangeva disperato e.. aveva tentato in più occasioni il suicidio. Volevo aiutarlo, sembrava convinto, non l’ho sentito più!!!
Organizzammo un bel convegno a Grottaglie, ricordo che senza appunti parlai alla platea di quello che era il mobbing veramente, che nasceva da tutte quelle persone che avevo ascoltato, ero la loro voce sul palco, non teoria, non tecnica, non diritto ma fatti, praticità, vita.
Dopo due anni il proliferare di associazioni in tema, libri, convegni, nuovi esperti, tutto come sempre diventa un bussines, chiusi l’Asmob.

Ora la definizione di mobbing ha dei profili giuridici ben delineati da normativa e giurisprudenza.

Per inquadrare una condotta nel profilo del mobbing deve
1) presentarsi in modo continuativo e protratto nel tempo;
2) concretizzarsi in comportamenti intenzionalmente ostili, reiterati e sistematici, nonché esorbitanti od incongrui rispetto all’ordinaria gestione del rapporto,
3)  essere espressione  di un disegno finalizzato alla persecuzione o vessazione del lavoratore,
4) conseguire un effetto lesivo sulla salute psicofisica dello stesso.
È necessario inoltre dimostrare il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all’integrità psico-fisica del lavoratore.

Tutti i punti devono essere provati in giudizio.
Va sottolineata  l’importanza della produzione in giudizio delle prove di tutti gli elementi costituenti la fattispecie.

Cassazione  n. 87/2012: la vicenda lavorativa si deve  sviluppare oltre i limiti della normalità, secondo modalità incongrue rispetto alla natura delle prestazioni, alle obbligazioni reciproche ed agli interessi delle parti contrattuali.
E necessario  ravvisare un nesso causale fra la patologia psichica di cui risulti affetto il lavoratore ed il disagio derivante dall’ambiente lavorative.
Bisogna essere in grado di provare le vessazioni subite ed il danno che da queste era derivato.

Si possono analizzare le forme della condotta mobbizzante, quindi individuare in cosa si sostanzia il comportamento ostile ed esorbitante la normalità del rapporto, così come sono, negli anni emerse, nell’esperienza giurisprudenziale.

dequalificazione professionale del lavoratore
il lavoratore, può essere adibito, con intento vessatorio o punitivo, a mansioni inferiori.
Cassazione sentenza n. 3057 del 29.2.2012 si è pronunciata sul danno non patrimoniale derivante dalla dequalificazione riconoscendo l’esistenza di un danno non patrimoniale ad un lavoratore spostato ad un diverso ufficio, con attribuzione di una qualifica inferiore.  

condizione di forzata inattività preordinata all’esclusione dello stesso dal contesto lavorativo.
Cassazione 18 maggio 2012, n. 7963, afferma che “il comportamento del datore di lavoro che lascia in condizione di inattività il dipendente, oltre a violare l'art. 2103 cod. civ., è lesivo del fondamentale diritto al lavoro, inteso soprattutto come mezzo di estrinsecazione della personalità di ciascun cittadino, nonché dell'immagine e della professionalità del dipendente. Tale comportamento implica una lesione di un bene immateriale per eccellenza, qual è la dignità professionale del lavoratore, intesa come esigenza umana di manifestare la propria utilità e le proprie capacità nel contesto lavorativo.
Pertanto, secondo la Corte, tale lesione produce automaticamente un danno suscettibile di risarcimento, anche attraverso una valutazione operata in via equitativa.

comportamenti denigratori e persecutori di vario genere,
la diffusione di notizie false sul conto del lavoratore o le quotidiane critiche sul suo operato o, ancora, le avances a carattere sessuale di un datore di lavoro ai danni di una dipendente.
Costituisce mobbing l'irrogazione di una serie di provvedimenti disciplinari infondati (che non hanno, quindi, alla base infrazioni commesse dal lavoratore), sproporzionati o manifestamente eccessivi adottati nel quadro di una specifica volontà di precostituire una base per disporre il licenziamento.
i comportamenti vessatori in cui si estrinseca la condotta mobbizzante siano spesso preordinati allo scopo di portare il dipendente alle dimissioni, ovvero, appunto, di predisporre una base per il licenziamento.
Cassazione n. 15353 del 13 settembre 2012, quel che rileva è che la Corte pare ravvisare nella condotta mobbizzante attuata dai datori di lavoro nei confronti del dipendente - a seguito di un infortunio - il potere di costituire una provocazione che giustifica la reazione del lavoratore.

l’artefice della persecuzione è spesso il datore di lavoro, talvolta è possibile che ne siano colpevoli anche i colleghi del lavoratore che si uniscono alla strategia di isolamento e di vessazioni.
la condotta deve svilupparsi in un arco di tempo apprezzabile, in quanto non si ravvisa mobbing risarcibile se le condotte vessatorie e persecutorie del datore di lavoro non presentino i requisiti della frequenza costante in un arco di tempo sufficientemente esteso, frequenza che può essere determinata in almeno una volta alla settimana in un arco temporale di almeno sei mesi.
Cassazione 5 novembre 2012, n. 18927, anche nel caso in cui non si tratti di conclamato mobbing il datore di lavoro è, comunque, responsabile ed obbligato al risarcimento dei danni cagionati al lavoratore a causa delle azioni vessatorie. Nell'ipotesi in cui, infatti, il dipendente chieda il risarcimento del danno all’integrità psico-fisica, in conseguenza di una pluralità di comportamenti del datore di lavoro di natura vessatoria, il Giudice pur nella accertata insussistenza di un disegno persecutorio preciso ed idoneo ad unificare tutti i singoli episodi (quindi della configurabilità del mobbing), è tenuto a valutare se alcuni dei denunciati comportamenti pur non essendo accomunati dallo stesso intento persecutorio, possano, di per sé, essere, comunque, considerati mortificanti e vessatori per il dipendente stesso.
l’intento persecutorio è il più complesso fra gli elementi che caratterizzano la fattispecie, sia dal punto di vista dell’accertamento, sia dal punto di vista degli oneri di allegazione che gravano sul dipendente.
La giurisprudenza consente il più ampio utilizzo dei mezzi di prova a disposizione del lavoratore.

domenica 5 maggio 2013

L'INPS RITORNA ALLA CARICA CON I RIMBORSI DI SOMME NON DOVUTE

Ancora una volta migliaia di pensionati riceveranno dall' Inps una comunicazione con la richiesta di restituzione di somme che sono state indebitamente ricevute dal pensionato. Le suddette somme, che potrebbero essere anche di entità rilevanti, verrano addebitate con prelievo direttamente sulla pensione con una rateizzazione che potrebbe sostanziarsi in un massimo di trentasei rate.
Non pochi i rilievi da sollevare in merito:
- non vi è alcuna responsabilità a carico del pensionato che si è limitato a percepire la pensione che mensilmente l' ente gli erogava; deve essere presa in considerazione la mancanza dell'elemento doloso e conseguentemente la buona fede del pensionato;
- grande responsabilità è invece ascrivibile all'ente erogatore che attua i controlli incrociati tra dati contributivi e ricalcoli reddituali in tempi troppo lunghi, a volte anche oltre il quinquennio, comportando ciò una definitività del primo provvedimento di liquidazione della pensione nonché comportando ciò anche  la tutela di quell'affidamento che il pensionato ripone sulla somma precedentemente e legittimamente erogata per oltre cinque anni;
- le comunicazioni sono delle lettere ibride che non consentono in alcun modo al povero pensionato di comprendere effettivamente la motivazione della decurtazione che andrà a subire, ma soprattutto il ragionamento tecnico ed economico che avrebbe portato a ritenere quelle somme richieste come non dovute. Il pensionato si trova in netta difficoltà nell'esercizio del proprio diritto di difesa;
- non solo il diritto di difesa viene leso dalla considerazione che l'ente erogatore decurterà la somma, per intera o raetizzata, già dal mese successivo alla comunicazione senza concedere un lasso di tempo per poter decidere il da farsi.
Il pensionato si trova di fronte ad un titolo esecutivo ancor prima che siano decorsi i giorni per poter impugnare il provvedimento.
L'Associazione Sileno con sede in Bari alla via Quintino Sella  207 è disposta, valutando caso per caso, a porsi al fianco del pensionato per porre fine, con azioni amministrative e giudiziarie, ai danni che soprattutto i pensionati al minimo stanno subendo.